MACERATA Da un lato ne evidenzia la resistenza e dall’altro ricorda di aver proposto una manutenzione della sua opera ogni quattro o cinque anni. Più volte nominato nel dibattito politico sul degrado della galleria del parcheggio Centro storico, ora è l'artista Morden Gore a dire la sua.
«Dal mio punto di vista - dice - un'opera pubblica che per sei anni ha resistito agli atti vandalici può essere considerata una eccezione. Trovo un incredibile senso civico dei maceratesi e di chi frequenta la città e un sorprendente rispetto verso le opere di street art che ho realizzato. Sono diversi mesi che non attraverso la galleria, non conosco quindi lo stato attuale, se è stata deturpata da scritte o meno, ma fino ad allora avevo notato solo qualche pedata dei ragazzi che fanno parkour: nulla che una spugna umida non avrebbe facilmente tolto».
L’esortazione
Allora il suo è quasi un invito: «“Muri puliti, popolo muto” recitava una scritta apparsa qualche anno fa sulla parete di un palazzo e che mi trova totalmente d’accordo. È una forma d’espressione che viene dal basso, la comunicazione di chi non ha altri mezzi per farsi sentire, dalle frasi d’amore, alle scritte degli ultras fino a quelle politiche.
Un altro problema a cui il capoluogo è costretto a far fronte è quello dei graffiti, più volte si è parlato di individuare un luogo dove dare libero sfogo alla fantasia di chi imbratta: «Il luogo c’era - ricorda - ed era la Terrazza dei Popoli dove io e altri writer venuti da tutta Italia abbiamo dipinto per anni rinnovando sempre il look di quello spazio pubblico, ma da un po’ sono stati abbattuti dei muri e ridipinto le pareti di un anonimo grigio, una scelta politica di dubbia capacità intellettiva».
Le norme
Allora l’artista entra nel merito delle norme: «La linea dura del governo centrale sul tema dell'espressione e dell’eventuale dissenso, si riflette anche sulle decisioni delle amministrazioni locali senza rendersi conto che ottengono l’effetto contrario, incattivendo gli animi». Morden Gore riflette allora sul ruolo sociale della street art: «È espressione creativa e culturale, per lo meno quella pura, a volte con risvolti politici, di critica al potere e all’ingiustizia sociale. Nel corso degli anni è diventata anche uno strumento di rigenerazione urbana nei quartieri periferici, troppo spesso solo di facciata però, non accompagnando gli interventi pittorici con servizi essenziali per i bambini e i giovani, come spazi verdi condivisi, biblioteche e ludoteche. Nei lavori su commissione noi artisti dovremmo mantenere sempre un equilibrio tra il senso e l’estetica, tra la nostra poetica e il volere del cliente che sia pubblico o privato, senza svenderci, ma troppo spesso vedo uno sbilanciamento verso il facile guadagno. Questo aspetto sta facendo perdere peso a questa forma d'arte».
Il ritorno
La sua opera nella galleria non è l'unica realizzata a Macerata. Crede che ci possano essere altre occasioni per tornare a realizzare dei lavori nel capoluogo? «Me lo auguro. Macerata è pur sempre la mia città anche se non ci vivo più. Negli ultimi tre anni la mia vita è cambiata radicalmente e ho diminuito la produzione artistica su grande scala, ma sto realizzando comunque diversi progetti in Italia e all'estero. Sto dedicando più tempo allo studio e alla ricerca di nuove soluzioni, miscelando diverse discipline e tecniche, indagando anche interazioni con la tecnologia. Sono molto curioso, mi annoio facilmente e non mi fossilizzo mai sullo stesso stile. Ogni composizione è frutto di una analisi attenta, ma anche di intuizioni casuali. Quando questi due aspetti si incontrano e trovano la completa armonia so che è il momento di prendere le vernici. Spero presto a Macerata. Intanto - conclude - chi vuole conoscere le mie opere può sbirciare sulla mia pagina Instagram».