SARNANO - L’altro lato della medaglia. In un momento storico in cui l’opinione pubblica si divide tra favorevoli e contrari al vaccino anti-Covid c’è chi fa di più: si mette a disposizione della scienza per trovare un’altra arma contro la pandemia. Simone Valli, 47 anni, autista soccorritore della Croce Rossa di Sarnano, dove vive, è uno di questi. Uno dei 35 italiani (il secondo marchigiano, l’altro è Marco P. residente nel Pesarese), tra i 19 e i 60 anni, partiti da ogni parte della penisola per Cuba.
L’obiettivo: farsi inoculare uno dei cinque sieri creati da un istituto di L’Avana e dimostrarne l’efficacia come terza dose da abbinare a qualsiasi altra marca di vaccino già fatta. Una delle condizioni per accedere al progetto, infatti, era quella di aver avuto il Covid o aver ricevuto le prime due dosi di vaccino. A spiegare i motivi che lo hanno spinto a mettersi a disposizione della Scienza è lo stesso Valli.
«Conosco abbastanza Cuba - dice - perché faccio parte di un collettivo denominato “Cuba Va” che si è occupato dell’accoglienza dei medici che nel 2020 arrivarono in Italia per aiutarci durante l’emergenza pandemica. Grazie a loro e all’ospedale “Amedeo Savoia” di Torino è nato un sodalizio per uno studio clinico volto a stabilire l’efficacia del vaccino cubano. Uno dei cinque che Cuba ha sviluppato e che sono pubblici e gratuiti. Il progetto è stato sostenuto da diverse realtà, tra cui l’Aicec (Agenzia di interscambio culturale ed economico con Cuba). Sono stati loro a creare il portale che permetteva di partecipare allo studio come volontari». Così Valli ha deciso di iscriversi e partecipare. «Ho ricevuto la doppia dose di Pfizer a marzo scorso. Sono partito perché voglio aiutare a combattere la pandemia. Mi fido della scienza, del sistema sanitario cubano, e sono convinto che la vaccinazione sia un’arma fondamentale per contrastare le malattie».
Il gruppo di italiani, chiamato “Soberana plus” come il nome del farmaco, è partito il 15 novembre dall’aeroporto di Malpensa. «Il giorno dopo ci hanno fatto i prelievi per conoscere gli anticorpi che avevamo e poi ci hanno somministrato il siero.
Nessun vantaggio, quindi. Anzi, la possibilità di dover ricevere una “quarta” dose. Per Valli, però, ne è valsa la pena. «Qualcuno si è stupito della mia scelta - ammette - ma poi spiego i motivi e mi comprendono. Ai miei genitori ho detto che sarei andato in vacanza per non farli preoccupare. Quando sono tornato ho raccontato tutto e anche loro sono stati contenti».