Le bombe israeliane e i missili di Hamas hanno prodotto emissioni di carbonio - nei primi 60 giorni della guerra a Gaza - pari a quelle che producono ogni anno 20 paesi. Si tratta di uno degli aspetti meno evidenti del conflitto ma tra i più devastanti per gli effetti climatici. Se poi si includono le infrastrutture di guerra costruite da Hamas, compreso il micidiale reticolato di tunnel sotto terra o la recinzione protettiva di Israele le emissioni totali aumentano ulteriormente e possono essere parificate a quelle di 33 paesi. A calcolare questo impatto è uno studio appena pubblicato di quattro ricercatori inglesi e americani appartenenti a The Climate and Community Project a cui aderiscono diversi atenei. L'analisi include i calcoli delle emissioni degli aerei, dei serbatoi e del carburante usato, nonché le emissioni generate dalla fabbricazione e dall'esplosione delle bombe, dell'artiglieria e dei razzi.
La ricerca calcola anche il costo del carbonio della ricostruzione dei 100 mila edifici danneggiati o distrutti a Gaza, utilizzando tecniche di costruzione contemporanee che genererà altre emissioni, pari alle emissioni annuali di CO2 della Nuova Zelanda e superiore a 135 altri paesi, per esempio Sri Lanka, Libano e Uruguay. I ricercatori mettono in evidenza che questi calcoli mostrano l'urgente necessità di una segnalazione obbligatoria delle emissioni militari di CO2 sia in guerra che in tempo di pace attraverso la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).