Innovazione e mobilità sociale senza più rendite di posizione

Innovazione e mobilità sociale senza più rendite di posizione

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 05:00

L’annosa vicenda delle concessioni balneari ha degli aspetti paradossali che si comprendono solo considerando alcune peculiarità del nostro paese. È dimostrato che i corrispettivi per le licenze di queste concessioni sono inferiori al loro valore di mercato, con evidente danno per l’erario pubblico. Allo stesso tempo, trattandosi di un bene pubblico dato in concessione a privati è necessario assicurare la possibilità per chiunque ne abbia interesse e capacità di concorrere all’aggiudicazione delle licenze. Di qui l’ovvio richiamo da parte della UE a evitare pratiche di rinnovo automatico e a indire gare periodiche per l’aggiudicazione delle concessioni.

Oltre all’interesse delle pubbliche amministrazioni a valorizzare adeguatamente un bene pubblico vi è quello più generale di garantire parità di condizioni agli imprenditori che volessero entrare nel settore e, ancor più, assicurare condizioni di maggiore concorrenza e possibilità di innovazione a vantaggio dell’utenza. Sembrano considerazioni ovvie, che nel nostro paese sono invece presentate come un’insopportabile imposizione da parte della UE e un’ingiusta prevaricazione verso gli attuali concessionari; privilegiati da decenni da canoni irrisori e concessioni rinnovate nel tempo senza gara.

È legittimo che i soggetti che godono di tali privilegi tentino di mantenerli, paventando disastri occupazionali e peggioramenti nelle condizioni di offerta. L’esperienza dimostra che è più probabile il contrario: la maggiore concorrenza nell’aggiudicazione delle concessioni produrrà maggiore differenziazione delle condizioni di offerta, maggiore innovazione nei servizi e minori prezzi per gli utenti. È una storia già vista in altri contesti. Quando negli anni ’80 del secolo scorso iniziò la liberalizzazione del trasporto aereo civile, le compagnie aeree, che allora operavano in un regime di sostanziale monopolio, paventarono disastri inenarrabili se si fosse liberalizzato il settore e incentivata la concorrenza. Il risultato è stato un allargamento dell’offerta, un significativo abbassamento delle tariffe e un’esplosione della domanda e dell’occupazione.

Senza che questo abbia intaccato la sicurezza dei voli, che è anzi cresciuta. È del tutto comprensibile che chi vede minacciate le proprie rendite di posizione faccia di tutto per mantenerle, come avviene non solo per le concessioni balneari ma anche per i taxi e le farmacie (per citare i casi più noti).

Meno comprensibile è il sostegno che queste categorie ricevono dalle forze politiche, considerato che in questo modo si sceglie di tutelare i privilegi di pochi a scapito di interessi che riguardano i cittadini che utilizzano i servizi dei concessionari e l’intera collettività per gli introiti dalle concessioni.

Evidentemente sono gli stessi cittadini ad essere scarsamente interessati alla questione. In effetti nel nostro paese vi è una diffusa accondiscendenza al mantenimento delle rendite di posizione e, di converso, una scarsa sensibilità per la promozione della concorrenza e del mercato. D’altra parte, i partiti di ispirazione liberale sono stati sempre minoritari nel nostro paese, mentre le due principali culture politiche, quella cattolica e quella comunista, mostrano scarsa simpatia, quando non proprio avversione, verso la concorrenza e il mercato. Le motivazioni alla base di questa avversione sono diverse ma il risultato è simile. Non è un caso che nel nostro paese l’autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM) è stata istituita nel 1990, esattamente un secolo dopo la prima normativa antitrust emanata negli USA e con diversi decenni di ritardo rispetto agli altri paesi industriali avanzati. E non è un caso che le continue raccomandazioni e segnalazioni dell’AGCM al Parlamento e al Governo perché intervenga a eliminare o ridurre le tante situazioni di privilegio e di rendita presenti nella nostra economia restano in gran parte inascoltate.

È un peccato perché la libertà di iniziativa economica e la possibilità di concorrere all’offerta di beni e servizi è il principale strumento di promozione della produttività, dell’innovazione e della mobilità sociale. Tutti aspetti su cui il nostro paese arretra da decenni.

* Docente di Economia all’Università Politecnica  delle Marche  e coordinatore della Fondazione Merloni

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