Negli ultimi giorni si è accesa su questo giornale una discussione sul credito e in particolare sul ruolo delle banche locali per l’accesso al credito delle piccole imprese. Va subito detto che le piccole imprese sono un aggregato molto eterogeneo e variegato. La maggioranza è costituita da imprese con uno o pochi addetti che svolge attività commerciali e di servizi in ambito locale; le necessità di investimento variano a seconda dell’attività ma in molti casi sono minime e limitate al capitale circolante. Vi sono, però, anche piccole imprese manifatturiere inserite in catene del valore internazionali che operano con tecnologie avanzate e che hanno esigenze di investimento rilevanti rispetto alla loro dimensione. Vi sono start-up innovative che investono in innovazione e ricerca e che per questo hanno esigenze finanziarie ancor più rilevanti e complesse. Per tutte le imprese la questione non è se sia preferibile avere vicino la filiale di una banca di piccola o grande, ma avere la possibilità di accedere ad un ventaglio di opportunità adatto alle proprie esigenze. Da questo punto di vista, l’informazione e la formazione degli imprenditori sui temi della finanza d’impresa è decisamente più importante della distanza e della tipologia degli sportelli bancari. Un plauso alle iniziative di formazione e informazione che sono state richiamate nelle interviste a questo giornale da Gilberto Gasparoni (Confartigianato) e da Augusto Bocchini (Confindustria). In questo ambito il ruolo delle associazioni di categoria è fondamentale. L’Italia è un paese con un bassissimo livello di cultura finanziaria della popolazione (e degli imprenditori). Negli articoli citati è di frequente menzionato il business plan come strumento di comunicazione fra finanziatori e imprese. Ma quante sono le piccole imprese che si servono di un simile strumento di pianificazione e controllo? Quante sono quelle che si avvalgono di strumenti digitali per il controllo dei flussi finanziari, oltre che dell’attività aziendale in senso lato? L’ultima indagine Istat sulla diffusione delle tecnologie digitali ha evidenziato un ritardo drammatico nei livelli di digitalizzazione delle piccole imprese.
*Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni