Noi e l’Africa, nelle Università spazio alla cittadinanza globale

Noi e l’Africa, nelle Università spazio alla cittadinanza globale

di Sauro Longhi
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Lunedì 9 Ottobre 2023, 01:20 - Ultimo aggiornamento: 09:04

L’Africa viene spesso raccontata come una terra molto lontana per storie, culture e latitudini. Un continente con tante difficoltà ma in forte crescita non solo demografica. Alcuni dei problemi che queste popolazioni si trovano ad affrontare sono frutto delle politiche di colonizzazione imposte soprattutto da noi europei. Solo dopo diverse guerre di liberazione, tutti i Paesi africani hanno acquistato l’indipendenza con strutture organizzative fragili e democrazie deboli. Negli ultimi mesi questa fragilità sembra ancora aumentare con un sempre maggior numero di paesi che vedono sostituire la propria debole democrazia con una violenta dittatura. I disordini politici e i soprusi contro le popolazioni sono aumentati dall’inizio della pandemia, le restrizioni sanitarie sono state prese a pretesto per imporre dittature e reprimere il dissenso con la violenza.

E come se non bastasse la crisi climatica in questa parte del mondo si sta manifestando con maggiore intensità sotto forma di tremende siccità e devastanti alluvioni. Per sfuggire alle violenze dei nuovi regimi e alle condizioni climatiche sempre peggiori, non resta che partire per cercare condizioni di vita migliori per la propria famiglia. Chi di noi non farebbe la stessa cosa? Anzi l’abbiamo già fatto nel secolo scorso migrando in Europa e nelle Americhe, per scappare dalla povertà e dalla dittatura. E ancor prima, come ci racconta l’apostolo Matteo, toccò a Giuseppe fuggire da Betlemme: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto…». I flussi migratori sono fenomeni complessi che difficilmente saranno interrotti da muri o blocchi navali, ne possono rallentare il peso ma non li possono cancellare, le donne e gli uomini che scelgono di migrare lo fanno per scappare da condizioni di vita ben più peggiori di quelli che affronteranno per scavalcare fili spinati, per attraversare il mare con esili barche, per scappare dai centri di detenzione.

L’unica via possibile è comprendere le cause e gestire il fenomeno. Come farlo? Con strumenti semplici, che valorizzino la conoscenza per comprendere e vincere le paure del vivere insieme. Le Università sono luoghi dove questo avviene da anni, per ora l’unico luogo dove la cittadinanza globale è compresa e professata.

Ogni studente o studentessa può frequentare le nostre aule e i nostri laboratori indipendentemente dalla nazionalità, dal credo religioso, dalla cultura e dalla storia da cui proviene, e dal colore della pelle. Ogni differenza trova spazio e valore nell’Università. Questo può abbattere ogni pregiudizio, diffidenza, paura. L’educazione al rispetto aiuta a comprendere le differenze e a valorizzarle. Bisogna aprire ancora di più le nostre Università agli studenti che vogliono venire da questi Paesi, abbattendo le difficoltà economiche, amministrative e politiche, con specifiche misure da concordare con i paesi di provenienza. Occorre coinvolgere in questo progetto le Università dei Paesi africani, con percorsi di studio allineati ai nostri, con la previsione del riconoscimento reciproco del titolo di studio conseguito. Con attività di ricerca comuni su tematiche di loro interesse, un “Horizon Africa” sul modello del programma quadro che si è data l’Unione europea con Horizon Europe.

Qualcosa si è iniziato a fare ma occorre più coraggio e sono necessarie più risorse. Questo renderebbe più facile alle nostre imprese realizzare investimenti in Africa, così come nel recente passato si è fatto in estremo oriente. In molti già lo stanno facendo, esistono ingenti investimenti provenienti dalla Cina, dalla Russia e dall’India, solo per fare alcuni esempi, che stanno rispolverando le vecchie politiche colonialistiche europee, depredando quelle terre di materie prime rare e costose, in cambio di infrastrutture inutili e fragili. Se ai tanti nostri giovani laureati che ambiscono a cercare condizioni adeguate ai propri studi diamo la possibilità di migrare in altri paesi, cerchiamo di creare le condizioni per dare le stesse possibilità ai giovani laureati africani, magari potrebbero facilitare gli investimenti delle nostre imprese in quel continente ricco di potenzialità ancora inespresse. 

*Dipartimento di Ingegneria dell’informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche

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