La fava, una vera bontà: quella marchigiana è la protagonista indiscussa del periodo primaverile

La fava, una vera bontà: quella marchigiana è la protagonista indiscussa del periodo primaverile
La fava, una vera bontà: quella marchigiana è la protagonista indiscussa del periodo primaverile
di Véronique Angeletti
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Sabato 4 Maggio 2024, 01:05 - Ultimo aggiornamento: 11:46

Il detto “Non far sapere al contadino quant’è buono il formaggio con le pere” vale anche per le fave protagoniste indiscusse della primavera. Soprattutto quelle marchigiane. Merito dell’Amap, l’agenzia regionale, e di Slow Food che hanno saputo tutelare quelle di Fratte Rosa al Nord e di Favalanciata al Sud.

La differenza

Le prime si riconoscono dal baccello corto che contengono quattro semi grandi e tondi.

Fresche, all’assaggio, risultano tenere con un sapore dolce. «È una questione sì di ecotipo ma più di tutto dei nostri terreni di argilla bianca, i “lubachi”», svelano gli agricoltori custodi Rodolfo, Nicola ed Emanuele Rosatelli dell'azienda agricola “I Lubachi”. Ricordano che fu per merito di baccelli coltivati a margine degli orti e di una ricerca storica commissionata dall’ex Sindaco Adele Berti nel 2000, approfondita poi dalla Politecnica delle Marche e dall'Assam, se, nel 2018, Slow Food ha protetto l'ecotipo in un presidio e tramite un severo disciplinare tutelato il seme in purezza e valorizzato le tradizioni anche culinarie. «Le fave secche – osserva l'agricoltore custode – erano fondamentali nell'alimentazione. Lessate con le bietole, la cicoria, le barbe di frate, entravano nella composizione della minestra detta “Bagiana” ma più di tutto è la trasformazione in farina e nei “Tacconi” che è stata, ed è tuttora, fondamentale». Una pasta dove la farina di fave è mischiata a quella di grano dal sapore intenso che stuzzica la creatività della ristorazione stellata e di alto profilo. «Siamo una decina di agricoltori tutti di Fratte Rosa – entra nel merito Rodolfo - ma l'areale include anche Pergola, San Lorenzo in Campo e Mondavio. Si semina ad ottobre, fresca di solito si consuma all'inizio di maggio mentre per il seme secco si aspetta giugno». Quest’anno l’insolito bel tempo ha anticipato il raccolto ed è così che a metà aprile, le fave di Fratte Rosa erano già sulle tavole in particolare dei pranzi e cene organizzati dal Presidio come domani, ore 13 alla “Graticola” info 3494948714). Al Sud del Conero, le fave sono identitarie del piccolo borgo di Acquasanta Terme, Favalanciata, martoriato dal sisma del 2016. La “vicia faba” è una biodiversità culturale su cui si fonda la comunità nata il 26 agosto 2019, riconosciuta da Slow food che fa da trait d’union tra la gente e un progetto socio gastronomico. Ossia cerca di fabbricare un futuro ampliando il mercato locale che finora era riservato prevalentemente alle fave fresche.

L’antica ricetta locale

Partendo da un’antica ricetta locale, Matteo Mattei e Francesco Riti hanno creato un secondo progetto con una crema sfiziosa in onore del paese. Altamente rivelatore come sono riusciti a fare declinare la crema sul sito lafavalanciata.it. Per lo chef Luigi Damiani di “Sottoscala Gusteria” a Montalto Marche, la fava vanta il raro pregio di avere «un gusto intensamente floreale, fruttato, anche all’inizio amaro, che varia con i giorni di raccolta e l’avanzamento della stagione». Sfiziosi i frascarelli gratinati con la crema di fave e pecorino a scaglie e la tartara dello chef Daniele Citeroni dell’Osteria Ophis di Offida. Le fave fresche saranno all’onore il 14 maggio prossimo per i 25 anni della pizzeria “E’bonafuria”. Lo chef patron Armando D’Ascanio celebra l’evento con un menù fusion in cui la prima pizza sarà di cacio, fave fresche della comunità e guanciale.

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