Imparare a sciare da piccoli: ecco le regole per un approccio efficace

Imparare a sciare da piccoli: ecco le regole per un approccio efficace
di Antonio Bonanata
3 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Ottobre 2015, 19:05 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 15:44
«All’inizio tutto deve partire come un gioco e col sorriso. L’importante è non forzare la mano ed essere dolci e comprensivi»: così Alex De Ventura sintetizza le doti che, a suo dire, un buon istruttore deve avere per avviare i bambini allo sci, il più tipico degli sport da montagna.

Alex, 33 anni, fa parte della “Scuola di sci Monte Bianco” di Courmayeur, in Val d’Aosta, la più grande d’Italia, che tra i vari servizi offerti prevede anche un corso-base per bambini, pensato appositamente per instradare i più piccoli agli slalom. Ci racconta al telefono: «Tutti coloro che frequentano il corso per diventare maestri e ottenere il brevetto, della durata di un anno, affrontano una sezione dedicata ai corsi per bambini, di modo che ognuno possa trasmettere i rudimenti della disciplina. Poi sta alla sensibilità personale specializzarsi nell’insegnamento a un tipo particolare di allievo. A me sono capitati molti bambini, faccio questo lavoro da 12 anni, dipende da come il maestro si pone nei confronti di chi ha davanti.»

A che età è consigliabile avvicinarsi allo sci?
«Non c’è un’età fissa per tutti, dipende dal bambino. Generalmente, già a tre anni va bene, ma diciamo che i quattro, cinque anni sono l’età ottimale. Fondamentale è l’approccio iniziale, metterli a proprio agio e far capire loro che hanno di fronte una persona amica. Le bambine, magari, hanno più carattere dei maschietti, quindi imparano anche più in fretta; può capitare, invece, che i maschi piangano, ottenendo risultati in più tempo.»

Ci sono dei “trucchi” che usate per rendere l’esperienza ancora più piacevole?
«Sul campetto, oltre al “tappeto” – una pista di prova che usiamo qui a scuola, lunga 40, 50 metri e con una pendenza lieve, del quattro per cento –, ci sono anche dei giochi che servono a rendere l’ambiente più festoso. Poi usiamo dare qualche ricompensa, come delle medagliette. Ma tutto sta al bambino e a come reagisce alle sollecitazioni del maestro.»

Come è strutturato il corso-base per bambini?
«C’è la possibilità di fare un’ora singola oppure un corso completo di cinque giorni, dal lunedì al venerdì, con lezioni da un’ora e mezza. Già dopo tre o quattro ore, se il maestro vede che l’allievo impara velocemente, può proporgli di provare una pista, ovviamente non difficile e adatta al suo livello. Ciò che conta è non forzare troppo, perché magari ci sono bambini bravi sul tappeto che poi in pista sono più spaventati.»

Quali sono le prime cose da insegnare a un allievo-bambino?
«Se mi si presenta un allievo di tre anni, la prima cosa che gli insegno è scendere a spazzaneve (con le punte ravvicinate e le gambe dritte); il maestro scia all’indietro, davanti al bambino. Se poi ci sono più allievi, li si può accoppiare: in questo caso si usa il ferma-punte, che tiene unite le punte dello sci, così che il bambino debba solo stare con le gambe e i piedi larghi.»

Com’è il rapporto con i genitori dei tuoi piccoli allievi?
«Da parte mia, ci metto molto impegno e i genitori questo lo vedono e lo apprezzano. Mal che vada, se i figli non apprendono quanto mamma e papà avrebbero voluto, faccio da baby sitter. Il rapporto non dev’essere conflittuale e non bisogna mai lasciare le cose al caso».

In tutti questi anni di attività, c’è un ricordo particolarmente piacevole, di un bambino a cui ti sei affezionato?
«Sì, è un bambino che vive a Londra e si chiama James, ha la mamma italiana e con lei e il papà siamo rimasti in contatto. Quando è venuto da me aveva cinque anni e già prendeva lezioni da un altro istruttore. Si impegnava tanto, ci metteva un impegno incredibile, io stesso mi sono stupito. Poi ho visto che tossiva spesso: la mamma mi ha confessato che è malato, ha la fibrosi cistica, respira con difficoltà e vive prendendo antibiotici. Ora so che sta male, infatti è già un inverno che non viene a sciare. Mi auguro solo che stia bene.»

Tra coloro che si rivolgono alla vostra scuola, ci sono anche famiglie con bambini di Roma?
«Per l’esperienza che ho, di solito i romani vanno sulle Dolomiti, in località come Cortina. Ma da quattro, cinque anni abbiamo registrato un leggero aumento di clienti da Roma. Merito della buona pubblicità che è stata fatta a Courmayeur in tv e, credo, della nuova funivia del Monte Bianco.»