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Lunedì 20 Novembre 2023, 08:17 | 3 Minuti di Lettura

Tra Verdicchio e Franciacorta: Pievalta, da 21 anni a Maiolati Spontini

Lasciare la Franciacorta per creare nelle Marche qualcosa di nuovo: una nuova vita, una nuova azienda. Questa è la storia di “Pievalta”, realtà sorta 21 anni fa nel comune di Maiolati Spontini. Ci troviamo nell’areale dei Castelli di Jesi e qui Alessandro Fenino, enologo, e Silvia Loschi, responsabile dell’accoglienza in azienda, hanno accettato e vinto una scommessa che li ha portati ad innamorarsi di questo territorio. Una scommessa che lega la Valle dell’Esino a Barone Pizzini, in un ideale fil rouge che avvicina Franciacorta e Verdicchio.

L’azienda

Con Barone Pizzini ci troviamo al cospetto di una delle aziende più importanti del panorama della Franciacorta, fondata nel 1870 ed acquisita, nel 1991, da un nuovo gruppo imprenditoriale che ne ha avviato un profondo rinnovamento, portando, nel 2002, alla produzione del primo Franciacorta biologico. La società, che ha tra i soci di maggioranza le famiglie Colombo, Ghitti e Brescianini, spinta dal desiderio di confrontarsi con un grande bianco, ha scelto di investire sulla nostra regione nel 2002, acquistando una proprietà di 24 ettari e mezzo in provincia di Ancona: nasce così Pievalta. Già l’anno dopo, nel 2003 a San Paolo, nella zona del Monte Follonica, si investe ancora per entrare in possesso di altri 5 ettari, da cui ottenere la Riserva, che porta il nome dell’omonimo areale di produzione. Oggi sono ben 44 gli ettari totali di proprietà, di cui 30 e mezzo vitati: 29 di verdicchio e uno e mezzo di montepulciano, distribuiti tra le località di Monte Schiavo, Montecarotto e Monte Follonica.

Il nome

“Pievalta” prende il nome dalla piccola pieve posta all’ingresso della proprietà, la cui immagine risalta anche nel logo stesso e contribuisce alla creazione di una forte identità aziendale di cui Silvia ed Alessandro sono orgogliosi portavoce: “Spesso si ha la costruzione di aziende che non hanno un’anima o un’identità, noi invece siamo riusciti a farlo, oltre ad avere un impatto naturalistico ed ecologico importante.” La scelta di presentarsi da subito come azienda biologica e biodinamica, infatti, non è stata semplice, ma tutti i sacrifici fatti stanno dando i loro frutti: «Anche il premio al San Paolo 2019, scelto come vino dell’anno dal Gambero Rosso, è stata una grande soddisfazione, che passa attraverso clienti e ristoranti che sono cresciuti insieme a noi», ci racconta con orgoglio Silvia, a cui fa da contraltare il marito Alessandro: «Qui è tutto bellissimo e per chi ama la natura, ci troviamo al cospetto del paesaggio vinicolo ideale. Il bello di questa zona è che è un terroir vero e questo lo si percepisce anche dalle abitudini delle persone che ci vivono, che sono fortemente legate alla vigna e al vino. Tutto torna, come in certe zone della Francia. C’è una forte coerenza con l’agricoltura tradizionale, a differenza di altre zone dove si è molto più industrializzati o comunque orientati al business». Vini che parlano la lingua del cuore: 3 bianchi (Tre Ripe, Dominè e San Paolo), una bollicina (Perlugo) e un rosso (Campo del Noce), che sono un piccolo viaggio nel cuore dei Castelli di Jesi e un corso accelerato di enologia perchè, come ama dire l’enologo Alessandro: «L’acciaio è una stretta di mano, il cemento un abbraccio e il legno un abbraccio e un bacio».

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